Il De Architectura di Marco Vitruvio Pollione è uno dei documenti più importanti sulla tecnica dell'Impero Romano. Si tratta di un testo piuttosto frammentario e stilisticamente poco curato, ma che per la sua immediatezza ha potuto raggiungere i giorni nostri attraverso riscritture ed elaborazioni anche di tipo grafico-didascalico, a differenza dell'enorme opera (perduta) di Marco Terenzio Varrone, che disdegna una letteratura troppo materiale in favore di una più erudita letteratura classicistica. Nei libri IX e X Vitruvio abbandona l'architettura in senso stretto, che pure egli considera scienza, per trattare rispettivamente astronomia e macchine. Prima di chiudere il libro IX, Vitruvio ci tiene a descrivere in due capitoli gli strumenti conosciuti per la misurazione del tempo. Lo fa tuttavia in una maniera che non trova una precisa giustificazione nell'insieme dell'opera e che è anche sintomo della bassa importanza che doveva avere la misurazione del tempo alla sua epoca.
Il capitolo VII è una articolata descrizione di un metodo geometrico per costruire un'analemma, il piedistallo di una meridiana. Partendo dalla considerazione che in ogni località (Roma, Atene, Taranto) l'ombra che uno gnomone (lo stilo della meridiana) proietta a mezzogiorno del solstizio d'estate è differente e misurabile in frazioni di gnomone stesso, porta come esempio la costruzione di un'analemma valido a Roma. In figura, in un elaborazione grafica rinascimentale della descrizione di Vitruvio, a partire dall'ombra nel solstizio di estate proiettata dallo gnomone AB in BC, si possono trovare i punti R e T, rappresentanti l'uno "il raggio del sole in inverno, e l'altro il raggio in estate". Vitruvio ha spiegato come trovare i punti equinoziali e solstiziali, ma non spiega il (semplice) metodo per completare la meridiana giustificandosi in questo modo:
Così chiude il VII per aprire il capitolo VIII. Dopo aver enumerato una serie di scrittori che prima di lui descrivono i metodi di costruzione dell'hemicyclum e del pelicinum, Vitruvio si sofferma sull'orologio di Ctesibio. L'orologio ad acqua di Ctesibio di Alessandria è un'evoluzione delle già note clessidre ad acqua. Il funzionamento è molto intuitivo e si basa su principi basilari della fluidodinamica, come la legge di Stevino, l'equazione di Bernoulli, il principio di Pascal, la legge di Archimede. Una fonte costante riversa in un recipiente l'acqua. Questo recipiente ha un'apertura superiore, in modo che il livello dell'acqua rimanga costante, ed un foro posto alla base, da cui, per la legge di Bernoulli, effluisce acqua a velocità costante. Un terzo recipiente raccoglie l'acqua in caduta e il livello sarà intuitivamente proporzionale al tempo trascorso, dunque misurabile attraverso una opportuna calibratura. Varianti più apprezzabili prevedono che un galleggiante monti una cremagliera che con l'aumentare del livello dell'acqua metta in moto una ruota dentata a cui è applicata una lancetta, a formare un moderno orologio.
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