Il Theatrum Instrumentorum et Machinarum (1569-75?) di Jacques Besson è considerato il capostipite del genere del teatro di macchine. Qui il ruolo dell'immagine diviene centrale, ma non si può ancora parlare di una vera attenzione alla misura.
Questo avviene finalmente con Vittorio Zonca nel suo Novo theatro di machine et edificii (1607), che capisce l'importanza della misura nella progettazione e nella rappresentazione della macchina. In calce ad alcune tavole illustrate compare infatti una scala grafica che rappresenta un riferimento per concepire la macchina nella realtà. Nella scala di proporzione emerge la necessità del misurare nella comunicazione, che sarà uno delle forze che porteranno con la rivoluzione industriale all'istituzione degli enti di standardizzazione. Sebbene l'intervento della misura rimanga sempre e solo a scopo didascalico, il teatro di Zonca rappresenta l'intuizione del progettista del Seicento che la macchina deve cominciare a basarasi su misure, calibri, standard.
Il dettaglio del filatoio ad acqua bolognese |
Nonostante i progressi effettuati, i teatri di macchine sono troppo lontani dall'ingegneria ottocentetesca, che comprende appieno le potenzialità della matematica e della fisica nel connubio con la tecnica. A tal proposito Koyré scrive che
"si è colpiti dal carattere approssimativo della struttura, del loro funzionamento, della loro concezione. Esse sono spesso descritte con le loro dimensioni esattamente misurate. In compenso non sono mai 'calcolate'. [...] Esse appartengono tutte al mondo del pressappoco."Per approfondire:
Teatri di macchine, dal blog del prof. Vittorio Marchis
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